Piero rimase senza parole. Il suo primo amore, quel fiore di primavera conosciuto cinquant’anni prima, quando lui aveva compiuto i quarant’anni e lei diciassette, era lì in riva al mare, ad aspettarlo.
Non aveva voluto amarla, e gli era rimasta una cicatrice nel cuore che non si era più rimarginata.
Era stato lui a sfuggirla.
Forse la differenza di età, forse la sua fedeltà nei confronti della moglie, l’orgoglio, o i mancati appuntamenti da parte di lei, nell’intento di farlo soffrire.
Ora, gli occhi azzurri e i biondi capelli sciolti sulle spalle, le sue nervose gambe da gazzella, erano lì, a due passi da lui.
Com’era possibile? Un sortilegio? E come spiegare l’incontro con quella vecchia svitata che somigliava alla strega di Biancaneve?
Gli aveva predetto un incontro impossibile e la facoltà di potere esprimere un desiderio. Una follia? Un sogno?
Che fare? Lui era vecchissimo ormai, a novant’anni suonati le forze se n'erano andate. Anche se la voglia di lei era rimasta assurdamente intatta.
Anna lo prese per mano” Vieni, ti vedo strano e un po’ stanco, sediamoci.
O sei forse timido?” Come osava quella piccola peste a burlarsi di lui? Perché ancora una volta lo provocava senza curarsi dei suoi sentimenti? Si adagiarono sulla sabbia.
Intonarono vecchie canzoni. Il sole calò rapidamente e apparve la luna.
Anna scoprì le sue gambe abbronzate, e lui deglutì più volte col volto acceso dal desiderio. “Anna, ti voglio!” gridò all’improvviso. “Sei tutto scemo” ribatté lei sprezzante. “Sono un vecchio, sono un porcone, ma questa volta non ti lascerò scappare, piccola stronza!”
Con una mossa repentina, che gli costò uno strappo ai muscoli dorsali (si era scordato di indossare la fascia autoriscaldante), l’afferrò per le spalle e la costrinse brutalmente ad appoggiare la schiena sulla sabbia. Le baciò con impeto, un bocca a bocca interminabile senza respiro, poi toccò il lungo e principesco collo; infine le strappò la camicetta all’altezza del piccolo seno appuntito.
Anna rimase immobile, non reagì a quella soverchieria e permise alle mani ossute e tremanti di intrufolarsi, alla bocca golosa di baciarla scompostamente in un delirio senza fine. “Stronzetta, stronzetta…”
Si calmò a un tratto, e ricordò quello che per mezzo secolo aveva sognato: non avrebbe sciupato con una sconclusionata violenza quello che il suo amore aveva preparato per lei.
Si allungò all’indietro fino a che il suo viso combaciò con le scarpette di lei, gliele sfilò lentamente, molto lentamente, e incominciò a baciare i suoi piccoli piedi.
Ma volendo renderla partecipe, o meglio intendendo rassicurarla, alzò lo sguardo verso i suoi occhi, e le domandò:”
Dimmi, sai quello che sto realizzando e cosa voglio fare?”
Anna allora lo sorprese:” Lasciami indovinare, vediamo… sì, mi vuoi adorare. E’ dai piedi che si incomincia a baciare una donna quando la si vuole adorare.”
Piero ricominciò dall’alluce sinistro, poi il destro, poi le dita di entrambi i piedi, poi più in su… la leccò, la mordicchiò, l’accarezzò.
Le sfiorò con le labbra tutto il suo corpo, senza toglierle la gonna che scivolava su e giù.
Voleva con questi atti aumentare gradualmente il piacere; lo voleva far perdurare, consumarlo e farlo rinascere più voluttuoso.
Piano, piano, senza fretta. Ingorde mani si soffermarono su ogni sua parte, e quando decise di spogliarla del tutto, la corta gonna e le mutandine si abbassarono silenziose, giù, oltre i piedi.
Ora rimaneva l’ultimo atto, il più eccelso, la concretizzazione del delirio più grande.
All’improvviso però, Piero si accorse che lo strumento più ambito era pieno di incertezze, a mezza via.
No, maledetto, prima bastava pensarla, e adesso che è qui…che figura, che disastro. Si appellò a Santa Maddalena, a San Ilario, a San Arturo, a San Giacomo Casanova (oh, non era santo, ma quante donne aveva reso beate!). I santi non raccolsero l’invocazione. Il desiderio! Doveva tenerlo in serbo per qualcosa d’importante! Cos’era di più importante di questo miracolo?
Alzò le spalle, chiuse gli occhi, e con tutto il fiato che aveva in corpo gridò: “Sorgi fratello dimenticato!”
Nella radura si udì un fremito, dapprima lieve, poi consistente.
Richiamati da una misteriosa invocazione, comparvero centinaia di pennuti che presero posto in perfetto ordine sui rami degli alberi circostanti.
S'implorava, questo era il messaggio, di aiutare un fratello in difficoltà. Siamo arrivati! sembravano dire quei piccoli esseri. La famiglia dei muscicapidi si era sistemata sui rami più alti.
Questa era composta dal pettirosso, il più ciarliero di tutti, dal merlo, che esibiva il suo miglior fraseggio, dal liù, intento a cercare nuovi vocalizzi, e la capinera dalla voce intensa. Sotto di loro vibrarono le frequenze canore dei fringuelli.
Il microscopico scricciolo si faceva largo tra i suoi amici più grandi con la sua sola forza canora, mentre il picchio rosso tambureggiava con vigore sul tronco. Sui rami più bassi la cinciallegra gareggiava nel canto con la timida passera scopaiola.
In quella esplosione di suoni, ogni uccellino della stessa specie si esprimeva – pur su un comune modello di base- in note personali, in dialetti diversi.
Si spiegarono così le diverse valutazioni nei loro discorsi e i differenti gerghi di un gruppo di pappagallini:
“I ta morti cani, chi zeo chel vecio bauco e quea fantoina?”(1)
“Ze un vecio pien de morbin, ciò.”(2)
“Bedda, bedda, tettine dure come cucuzze tieni.”(3)
“Fuarce, fuarce, o là o rompi!”(4)
“E tu non ti cal d'allegria? Schivi gli spassi?”(5)
“O guagliò, numme fa affaticà.”(6)
Ma altri,verdoni, tordi bottacci,crociere, ghiandaie, ciuffolotti delle pianete, frosoni, verzellini, tanti ancora, interloquirono, incitarono, suggerirono, portando le loro esperienze: con i loro gorgheggi sapienti e modulati, con i loro fraseggi delicati, con quel pizzico di felicità e quella giusta dose di amore per la vita.
Infine, in un silenzio assoluto, un piccolo amico gorgheggiò da solista un dolcissimo motivo.
Piero riconobbe con tenerezza quel canto: era l'usignolo che gli aveva dedicato l'ultima nota.
...come evocato dalla tomba dei sensi, a sbuffi e a folate, nella morsa dei brividi di sconvolgente passione, il Fratello maggiore risuscitò.
Con affanno gioioso e possente volò senza indugio verso il nido. Incontro alla vertigine, alla più grande felicità. Incontro al trionfo.
Un sospiro, ed ecco che apparve la vecchia dei sogni: “BUM!, la festa è finita, la fiaba è terminata.”
----
- Sveglia, sono le sette, è il momento dell’iniezione.- Ma Piero non aprì gli occhi, non rispose, non presentò il lato B all’infermiera. Era appena volato dall’altra parte.
(1) I tuoi morti cani, chi è quel vecchi bacucco e quella ragazzina? (dialetto veneziano)
(2) E’ un vecchio pieno di voglie (dialetto veneto)
(3) Bella, bella, ha tettine dure come meloni (dialetto siciliano)
(4) Forza, forza o arrivi o rompi! (motto di battaglia carnico)
(5) E tu non ti circondi di allegria? Schivi gli spassi? ( dal “passero solitario” di G. Carducci)
(6) O ragazzo, non farmi affaticare (dialetto napoletano)
Cadenzato in armoniche note e colori di emozioni magistralmente evocate, tutto il racconto pullula di vita, di interiorità e pensiero e passioni e realtà contingenti, in magnifica estasi. Il tuo stile inebria. Racconto fino all'ultimo sospeso... Emoticon like
RispondiEliminaIo ti ringrazio Annamaria, gli elogi piacciono sempre e io non faccio eccezioni. Ti assicuro però che questi sogni li vivo da sempre. Sono dentro di me. Facile, molto facile tradurli in lettura. Un abbraccio forte e sincero.
EliminaIl sogno che non ha età. Il ricordo, il rimpianto, la proiezione del desiderio si addensano nell'impeto di una passione che spicca il volo, immaginario ed immaginato, nella carnalità accesa dalla purezza e dalla malizia. Esplodono infiniti canti, che culminano nella "voce" d'usignolo, resi (con accurato stile) tra ironia e poesia. Il contrasto e la fusione tra alba e tramonto stupiscono e si annullano nel risveglio (e nel nostro risveglio)...rimane solo il sospiro spalancato sul reale. Grande Sergio! Silvia Calzolari
RispondiEliminaPregevole e importante commento, amplia la già magistrale narrazione del Casagrande. Grazie
EliminaRingrazio anche te Silvia per le tue parole. Anche per te un abbraccio.
Elimina