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Calliope

Calliope
Inno all'arte che nel nostro sangue scorre.

mercoledì 31 ottobre 2018

IO NUN SUPPORTO di Vincenzo De Bernardo


M’aggia truvà nu posto addò nisciuno
me po’ truvà quando me sta cercanno,
io nun ‘o ssaccio ll’ate comme fanno
ma io nun riesco cchiù a suppurtà!
Io nun supporto chi è indisponente,
chi te ncontra p’’a via e nun saluta,
chille ca vonno fa, sempe, ‘e sapute
e, po’, nun sanno niente…, ma pecchè?
Io nun supporto quando ncopp’’o mezzo,
occupa ‘o posto, ‘o giovane assettato,
mentre na vecchia, all’erta, s’è stancata
ma pe’ decoro manco ‘o sta a guardà!
E nun supporto sti politicante,
col culo incollato ncopp’’a seggia
e se ne fottono ‘e chi sta peggio
e ‘a fine ‘o mese nun ce po’ arrivà!
Io nun supporto…, ma parlo a vacante,
pecchè, purtroppo, ccà, è sempe ‘o stesso,
c’è sempe chi ce prova a te fa fesso,
sta storia quanto ancora addà durà?!

Copyright@Wincenzo De Bernardo
Imm@AmVezio olio su tela

Le Parole



Le troveremo un giorno le parole
su muri luminosi
e simboli di terra
mentre un sole di ferro
il viso ci consuma
e il chiodo cresce linfa nelle vene...
Usciremo cantando
da questa vita d'acqua
letto disfatto da tormenti e pene
di lune insonni ricchi
per boschi mattinali.
E rideremo allora
della mia gonna lunga
e del tuo sguardo prensile
come se fosse sogno
quando lasciammo al vento
socchiudere la porta
su campi di narcisi.

(Polimetro endecasillabi e settenari) Copyright@Loretta Zoppi
Imm. AmVezio olio su tela

Lirica di Anna Vercesi


Nelle mie scioccanti carezze

Nelle mie ebbrezze

Chissà se ho vissuto?

Nei miei candidi lini

Nei miei esigui confini 

Nel mio Agorà sostenuto

Chissà se ho vissuto?

Nella mia voce atterrita

Nella mia voce smagnettizzata 

Nella mia calma inventata

Ho trovato la mia lettera agognata?

Nel dubbio assassino

Io mi confino

Traggo conforto 

Naufragando in porto...

Autrice della Settimana Anima di Vento
Copyryght Anna Vercesi Immagine dal web

martedì 30 ottobre 2018

Filastrocca di Renato Fedi


Ho chiesto ad un folle chi fosse.
Ragazzo, non vedi ?
Io sono un poeta, io sono un pittore,
talvolta un pianista, insomma un artista
o forse son Dio vestito da uomo.
Ho chiesto ad un folle cosa cercasse.
Cerco un momento
per dare alla gente un'opera vera,
qualcosa di giusto, qualcosa di onesto
che nessuno abbia detto.
Ho chiesto ad un folle come potesse.
Basta avere
serrati in un pugno la sofferenza del mondo,
due gocce di sangue, un istante d'amore
e pietà per chi muore ignorato da tutti.
Ho chiesto ad un folle cosa mancasse.
Soltanto colmare
il pugno che è vuoto con quanto di giusto
nel corso dei tempi l'uomo ha già detto,
impararlo a memoria ed iniziare la storia.
Ho chiesto ad un folle perché non narrasse.
Millenni ho cercato,
i pugni son chiusi ed eccomi folle
per ciò che ho appreso; perduto è il momento
per dare alla gente il mio grande terrore
Ho chiesto ad un folle chi fosse.
Ragazzo, non vedi?
Io sono la vita, la vita che fugge,
che fugge dal mondo, dal mondo impazzito,
impazzito io sono, io sono la vita ...
(1972)

@Renato Fedi
Imm. AmVezio olio su tela 2012

Art'InComo Malnate 27/10/18: un importante Evento da ricordare.

Onorati ringraziamo tutti i Poeti intervenuti che con il proprio bagaglio poetico, hanno dato lustro alla serata; l'Assessora Bellifemine e la signora Paola "madre" del Festival Frontiere Letterarie e La Carovana dei Poeti, per l'ospitalità e l'accoglienza ad Art'InComo; un grazie particolare al duo "I Poeticanti" Roberta Turconi e Paolo Provasi, e ai fratelli Mikhael Emrys e Arthur Liam Conistabile "Arpe celtiche" che hanno reso l'atmosfera ancora più armoniosa.
Qualche scatto di alcuni momenti, seguirà l'album fotografico aggiornato. Grazie ancora da tutti noi a tutti voi.





venerdì 19 ottobre 2018

Solitudine


Solitudine non sempre è "mancanza", più spesso è scelta di stare bene con se stessi e imparare che "l'altro" è sacro. Perché, in solitudine, hai imparato quanto è sacro vivere.

text&image@AmVezio

"UN VIAGGIO, un destino" di Giusy Oreni



Assaggi di un racconto intrigante, sorprendente e di grande suspence!!!

"...A ogni suono della campana che segnava l’entrata dei clienti, era pronta a controllare persona per persona, cercando Amos tra quelli che entravano. Decise di prendere le sue poche cose e uscire, andarsene via di lì. Continuò le sue ricerche affannosamente. Si strisciava contro i muri, era sfatta. Continuava a ripetere il suo nome, quasi ininterrottamente, ossessivamente…
‘Amos, amore mio, dove sei? Dove ti sei nascosto? Vieni fuori all’improvviso, come hai sempre fatto, dai, ti prego, amore…’
Un signore la vide e l’avvicinò
Scusa, stai male? Hai bisogno d’aiuto?
No.
Rispose lei, cercando di liberarsi dalla leggera stretta al braccio dell’uomo che l’aveva avvicinata.
Sei italiano? Sei italiano? Dimmi, se capisci… sei italiano, tu?
E lui:
Capisco, io, italiano, madame…
E lei, sempre più concitata:
Vuoi aiutarmi? Sto cercando un amico, l’ho perso, ieri uscito da Hotel, non è tornato più, sto cercando per la città. Mi sono persa. Io ho documenti suoi… mi puoi aiutare tu?
L’uomo si fermò vicino ad Angèle per controllare i documenti. Erano una carta d’identità e un codice fiscale. Poi aggiunse:
Ma a questo punto dobbiamo andare alla Police, madame… per denunciare scomparsa.
Angèle si sentì male… e quasi urlò:
No, no, alla Polizia, no. Cerchiamo insieme in ospedali, sai, magari negli ospedali… se sta male, cercano di lui, dei suoi documenti..."

***
Ma l’uomo, disse:
Dammi del tu, madame, mi chiamo Zuhair.
Le suggerì di seguirlo, insieme sarebbero andati al primo comando di Polizia della città per dichiarare la scomparsa dell’uomo. Camminarono a lungo, il commando di Polizia era lontano. Zuhair sapeva tutto, conosceva perfettamente Tangeri, ci viveva ormai da anni. Era originario della Tunisia, si era trasferito a Tangeri per lavoro, si occupava della vendita di tessuti e riforniva per lo più i suk della zona. Parlava a malapena italiano, pochissime parole, ma molto bene il francese, che per Angèle era la lingua con cui aveva più dimestichezza.
Arrivarono al commando di Polizia e una volta atteso per più di un quarto d’ora, riuscirono a entrare. Angèle, si sentiva svenire. Mostrò i documenti, fece la denuncia per scomparsa. La polizia locale fu molto gentile, presero anche le sue generalità. Tutto fu eseguito nel modo più corretto. Avrebbero iniziato le ricerche solo su richiesta specifica di lei, se non l’avesse rintracciato nelle quarantotto ore successive. Lei era devastata. Zuhair si offrì di accompagnarla al Petit Hotel. S’incamminarono senza dire una parola. Stava piangendo, le scendevano lacrime a profusione pensando a quello che poteva essere accaduto a Amos, che nato nei suoi pensieri come uomo-fantasma lo era diventato ancora, quella volta non per suo volere, se lo sentiva. Oppure, si trattava di uno scherzo? A quel pensiero, sopraggiuntole improvvisamente, Angèle si pentì d’essere andata alla Polizia, e disse fra sé e sé:
‘Oddio, cos’ho mai fatto! E ora, se dovesse rientrare? Che penserebbe mai di me?’.
Se lo sentiva dentro, le avrebbe detto, sicuramente:


"...Passarono a contemplare il tramonto, in silenzio, quasi una mezzora; poi, come guidati dal solito regista invisibile e alla loro ultima scena – quella definitiva – si girarono l’uno verso l’altra e si lasciarono andare in un deliquio di baci e carezze che culminò in un amplesso dapprima vigoroso poi delizioso e delicato fino a scatenare emozioni fortissime forse grazie anche al contesto che era davvero uno dei più originali e mai vissuti da tutti e due.
Alla fine, incredibilmente appagati si riscoprirono pieni di sabbia. I capelli di Amos, sopra Angèle, gli ricadevano lungo il viso con qualche granello di sabbia qua e là… era bellissimo. I suoi occhi parlavano per lui. Angèle ne era profondamente innamorata. E Amos era incredibilmente attratto dagli occhi vitrei di lei, che rispecchiavano un’anima davvero profonda ma, al contempo, sofferta, lievemente malinconica; espressione che scompariva quando s’accendeva in un sorriso. Forse, pensava lui:
‘Alcune volte Angèle, involontariamente, trapela stanchezza; sembra veramente provata dalla vita..."



"UN VIAGGIO, un destino" 
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giovedì 18 ottobre 2018

mercoledì 17 ottobre 2018

"Raccontami" di Sandra Carresi


Raccontami,
di fondali marini
profondi e bui,
di anemoni senza tempo
né profumo,
di movimenti veloci
e silenzi spaventosi.
Raccontami,
di montagne
bagnate dalle piogge,
schiaffeggiate dal vento,
di cieli scuri
in attesa del
chiarore dell’alba.
Raccontami,
di folletti dispettosi,
saltellanti, veloci,
narratori di straordinarie
storie di voli,
odorosi
di quercia e di muschio.
Raccontami…,
e
lascerò scorrere
le mie gemme
salate
nel fiume del
tempo
finché lui,
me ne concederà
la vita.


Diritti riservati@Sandra Carresi
Immagine: "Cieli" raccolta di Am Vezio

FAR LEGNA di Roberto Busembai


Dai pioppi irti e dritti che toccavano le nuvole,
s'intravvedeva un'ombra venir piano dal bosco,
era d'ottobre quando il prato è senza erba alta,
e tutto è giallo o rosso, o forse i primi di novembre,
nelle giornate fredde dal sole malato,
forse erano passati già i morti e si accendevano i primi caminetti,
con passo lento e pesante dal cesto che portava in spalla,
talvolta aveva le braccia ripiene,
erano legna per l'inverno che bussava alle porte,
per dare calore a noi che ancora
di calore ne avevamo bisogno più di quella sporta,
e chinava il capo coperto dal velo,
quasi a proteggersi una voluttà, il capello ancor nero.
E sul selciato di pietre lavate, con ancora i piedi nei sandali,
con le facce scurite dal sole d'estate e
dalle polveri di stalla appiccicate,
con due occhi grandi e brillanti,
si gustava lo scenario di vita normale,
e per noi erano tutti teatranti,
burattini per farci gioire.
Arrivava stanca e sudata, e posava stremata la legna,
poi al muretto cedeva una sosta,
e noi addosso a farle le fusa,
perché mamma è sempre una festa,
e lei mai da sopra ti scosta.
Dai pioppi irti e dritti che toccano il cielo,
dopo l'ombra veniva la soma ed un uomo,
con le ceste sul carro trainato dai buoi,
e si riuniva sull'aia già piena di sassi e bambini,
la famiglia per mettere in posa,
nel fienile la legna raccolta.
E dai pioppi irti e dritti che guardano in basso
tutto questo era allora normale,
tutto questo era ancora gioviale.
diritti riservati@Roberto Busembai (errebi)
Immagine dal web

lunedì 15 ottobre 2018

"HO IL VIZIO" di Salvatore Armando Santoro



Ho il vizio sulla pelle,
sotto pelle
e forse sono un finto perbenista
con lei
io mi sentivo in pista
con lei l'unica stravaganza
era la devianza.
E tutte le provai
lei spesso programmava le finte esibizioni
io la seguivo, ne ero ormai condizionato,
appassionanti sono state le lezioni.

Ho il vizio sulla pelle,
lo sapevo e lei pur lo sapeva,
la notte mi chiamava
con la bufera e il tuono che importava
bagnato il suo bel viso
disfatti i suoi capelli
profondo il suo sorriso.

E lei mi travolgeva
nessuna gabbia mai ci imprigionava
e poi nel cuore della notte
sulla sabbia nuda si sdraiava,
ronzava una zanzara
ma lei mi accarezzava
violenti amplessi ognor mi regalava.

Diceva che un amore si coltiva,
si stuzzica la notte al punto giusto
un rapporto non dura
senza l'adrenalina pura,
ci vuole un po' di gusto
bisogna per durare
ogni giorno cambiare
trovare il punto giusto.

Non si curava della gelosia,
la mia la infastidiva,
alla sua neppure ci badava,
ormai io l'accettavo,
accettavo quel modo suo di esporsi,
col suo seno prosperoso i maschi stuzzicava
vedevo libidine nei volti
e dentro me soffrivo.
Ma lei poi mi spogliava
gli istinti suoi perversi
tutti su me poi scaricava.

Avevo il vizio sulla pelle
poi la nebbia calò e scese il buio
arrivò anche nel cuore suo l'inverno
la neve scese e sotterrò ogni cosa,
dal ramo spinoso si staccò la rosa,
morì sul muro il glicine,
seccò nel vaso pure il gelsomino,
il freddo mi gelò la mente,
si aprì anche nel cuore mio l'inferno.

@Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 13.10.2018 – 22,41)


Immagine dal web


giovedì 11 ottobre 2018

"Lo spread" di Hugo Salvatore Esposito


Questa terribile quotidiana melodia di parole
incomprensibile a tanti (linguaggio per addetti
ai lavori) rende amara la vita alla gente normale
caduta sotto un differenziale di tragedia e dolore:
punti che salgono e scendono, aumentano
e precipitano verso l’alto, punti che crollano
senza crollare, punti che affondano, affiorano,
minacciano e arricchiscono anonimi mercati
punti che umiliano e gonfiano speculatori
e spettrali banche invisibili: gallerie di uomini
senza volto maneggiano infiniti miliardi di byte
dai loro lussuosi grattacieli e palazzi di vetro
muovono virtuali e planetarie masse di monete,
byte intelligenti che vaneggiano su domini digitali,
algoritmi complessi che analizzano stringhe di dati:
guerrieri inferociti pronti a viaggiare e volare
nell’etere asservita a potenti lobby spietate decise
a realizzare, azzerare e speculare, a colpire
traballanti e deboli economie di paesi indebitati
e declassati da potenti e influenti agenzie di rating …
Non più soldi veri, ma perfidi ammassi di veloci bit
messi all’asta diventano bot, btp, bond e derivati
scadono si rinnovano e si svendono sulle piazze
contestate dagli indignati e giovani disoccupati …

10 ottobre 2018 Dalla raccolta Illusioni in diretta 

dirittiriservati@Hugo Salvatore Esposito