Assaggi di un racconto intrigante, sorprendente e di grande suspence!!!
"...A ogni suono della campana che segnava l’entrata dei clienti, era pronta a controllare persona per persona, cercando Amos tra quelli che entravano. Decise di prendere le sue poche cose e uscire, andarsene via di lì. Continuò le sue ricerche affannosamente. Si strisciava contro i muri, era sfatta. Continuava a ripetere il suo nome, quasi ininterrottamente, ossessivamente…
‘Amos, amore mio, dove sei? Dove ti sei nascosto? Vieni fuori all’improvviso, come hai sempre fatto, dai, ti prego, amore…’
Un signore la vide e l’avvicinò
Scusa, stai male? Hai bisogno d’aiuto?
No.
Rispose lei, cercando di liberarsi dalla leggera stretta al braccio dell’uomo che l’aveva avvicinata.
Sei italiano? Sei italiano? Dimmi, se capisci… sei italiano, tu?
E lui:
Capisco, io, italiano, madame…
E lei, sempre più concitata:
Vuoi aiutarmi? Sto cercando un amico, l’ho perso, ieri uscito da Hotel, non è tornato più, sto cercando per la città. Mi sono persa. Io ho documenti suoi… mi puoi aiutare tu?
L’uomo si fermò vicino ad Angèle per controllare i documenti. Erano una carta d’identità e un codice fiscale. Poi aggiunse:
Ma a questo punto dobbiamo andare alla Police, madame… per denunciare scomparsa.
Angèle si sentì male… e quasi urlò:
No, no, alla Polizia, no. Cerchiamo insieme in ospedali, sai, magari negli ospedali… se sta male, cercano di lui, dei suoi documenti..."
‘Amos, amore mio, dove sei? Dove ti sei nascosto? Vieni fuori all’improvviso, come hai sempre fatto, dai, ti prego, amore…’
Un signore la vide e l’avvicinò
Scusa, stai male? Hai bisogno d’aiuto?
No.
Rispose lei, cercando di liberarsi dalla leggera stretta al braccio dell’uomo che l’aveva avvicinata.
Sei italiano? Sei italiano? Dimmi, se capisci… sei italiano, tu?
E lui:
Capisco, io, italiano, madame…
E lei, sempre più concitata:
Vuoi aiutarmi? Sto cercando un amico, l’ho perso, ieri uscito da Hotel, non è tornato più, sto cercando per la città. Mi sono persa. Io ho documenti suoi… mi puoi aiutare tu?
L’uomo si fermò vicino ad Angèle per controllare i documenti. Erano una carta d’identità e un codice fiscale. Poi aggiunse:
Ma a questo punto dobbiamo andare alla Police, madame… per denunciare scomparsa.
Angèle si sentì male… e quasi urlò:
No, no, alla Polizia, no. Cerchiamo insieme in ospedali, sai, magari negli ospedali… se sta male, cercano di lui, dei suoi documenti..."
***
Ma l’uomo, disse:
Dammi del tu, madame, mi chiamo Zuhair.
Le suggerì di seguirlo, insieme sarebbero andati al primo comando di Polizia della città per dichiarare la scomparsa dell’uomo. Camminarono a lungo, il commando di Polizia era lontano. Zuhair sapeva tutto, conosceva perfettamente Tangeri, ci viveva ormai da anni. Era originario della Tunisia, si era trasferito a Tangeri per lavoro, si occupava della vendita di tessuti e riforniva per lo più i suk della zona. Parlava a malapena italiano, pochissime parole, ma molto bene il francese, che per Angèle era la lingua con cui aveva più dimestichezza.
Arrivarono al commando di Polizia e una volta atteso per più di un quarto d’ora, riuscirono a entrare. Angèle, si sentiva svenire. Mostrò i documenti, fece la denuncia per scomparsa. La polizia locale fu molto gentile, presero anche le sue generalità. Tutto fu eseguito nel modo più corretto. Avrebbero iniziato le ricerche solo su richiesta specifica di lei, se non l’avesse rintracciato nelle quarantotto ore successive. Lei era devastata. Zuhair si offrì di accompagnarla al Petit Hotel. S’incamminarono senza dire una parola. Stava piangendo, le scendevano lacrime a profusione pensando a quello che poteva essere accaduto a Amos, che nato nei suoi pensieri come uomo-fantasma lo era diventato ancora, quella volta non per suo volere, se lo sentiva. Oppure, si trattava di uno scherzo? A quel pensiero, sopraggiuntole improvvisamente, Angèle si pentì d’essere andata alla Polizia, e disse fra sé e sé:
‘Oddio, cos’ho mai fatto! E ora, se dovesse rientrare? Che penserebbe mai di me?’.
Se lo sentiva dentro, le avrebbe detto, sicuramente:
Ma l’uomo, disse:
Dammi del tu, madame, mi chiamo Zuhair.
Le suggerì di seguirlo, insieme sarebbero andati al primo comando di Polizia della città per dichiarare la scomparsa dell’uomo. Camminarono a lungo, il commando di Polizia era lontano. Zuhair sapeva tutto, conosceva perfettamente Tangeri, ci viveva ormai da anni. Era originario della Tunisia, si era trasferito a Tangeri per lavoro, si occupava della vendita di tessuti e riforniva per lo più i suk della zona. Parlava a malapena italiano, pochissime parole, ma molto bene il francese, che per Angèle era la lingua con cui aveva più dimestichezza.
Arrivarono al commando di Polizia e una volta atteso per più di un quarto d’ora, riuscirono a entrare. Angèle, si sentiva svenire. Mostrò i documenti, fece la denuncia per scomparsa. La polizia locale fu molto gentile, presero anche le sue generalità. Tutto fu eseguito nel modo più corretto. Avrebbero iniziato le ricerche solo su richiesta specifica di lei, se non l’avesse rintracciato nelle quarantotto ore successive. Lei era devastata. Zuhair si offrì di accompagnarla al Petit Hotel. S’incamminarono senza dire una parola. Stava piangendo, le scendevano lacrime a profusione pensando a quello che poteva essere accaduto a Amos, che nato nei suoi pensieri come uomo-fantasma lo era diventato ancora, quella volta non per suo volere, se lo sentiva. Oppure, si trattava di uno scherzo? A quel pensiero, sopraggiuntole improvvisamente, Angèle si pentì d’essere andata alla Polizia, e disse fra sé e sé:
‘Oddio, cos’ho mai fatto! E ora, se dovesse rientrare? Che penserebbe mai di me?’.
Se lo sentiva dentro, le avrebbe detto, sicuramente:
"...Passarono a contemplare il tramonto, in silenzio, quasi una mezzora; poi, come guidati dal solito regista invisibile e alla loro ultima scena – quella definitiva – si girarono l’uno verso l’altra e si lasciarono andare in un deliquio di baci e carezze che culminò in un amplesso dapprima vigoroso poi delizioso e delicato fino a scatenare emozioni fortissime forse grazie anche al contesto che era davvero uno dei più originali e mai vissuti da tutti e due.
Alla fine, incredibilmente appagati si riscoprirono pieni di sabbia. I capelli di Amos, sopra Angèle, gli ricadevano lungo il viso con qualche granello di sabbia qua e là… era bellissimo. I suoi occhi parlavano per lui. Angèle ne era profondamente innamorata. E Amos era incredibilmente attratto dagli occhi vitrei di lei, che rispecchiavano un’anima davvero profonda ma, al contempo, sofferta, lievemente malinconica; espressione che scompariva quando s’accendeva in un sorriso. Forse, pensava lui:
‘Alcune volte Angèle, involontariamente, trapela stanchezza; sembra veramente provata dalla vita..."
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