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domenica 19 febbraio 2017
"Mia Tenera Afrodite" di Stefano Panozzo
E da te venni dal cauto desio chiamato,
che cotal forme di donzella al morfeo ora si desta a me, e ramingo mi veggo in codesto tuo lasso, ove i sogni che fanno virtude, lambiscono il tempo del risveglio, quel che tu non hai memoria e vanisce in fretta, ma il sapor ti grava come vissuto che pur rammenti e in un baleno svanisce, raggio a raggio che il sole cresce.
Oh mia eterna fautrice, quanto mi duole il di te ricordo e quel che non si dice, che pur mi preme e fa del mio desio di te, il fausto giorno che ti avrei veduta in vesti spoglie, a far dell'imbrunir mia sola amata e cotanti sospiri e lieti pianti aveano da bagnar le gote odorose e il barocco del sentimento per poi giacere lasso, e il di che segue aprir le lame e l'occhi tuoi e la purpurea bocca, ricoprir di brame e far del tuo risveglio, promessa, fede e sposa e per te di me libagione, mia Afrodite.
Tu, rosa dello stesso oblio ch'io vivo come miraggio, qui mi duole, che le lacustri nebbie apre e così fu, che come venni andai, mentre il sonno tuo svanisce.
Ma io scrivo amor e così ti lascio segno e scritto, che io qui sono nel tuo presente ad aver dimora nel limbo tra sonno e veglia ove tutto puoi, per il dí seguito ove verrei io nel tuo presente, anima, cuore e orgoglio, se mi vorrai e io... ma tu sai: lo vo voglio...
copyright by Stefano Panozzo (19 febbraio 2017)
(Autore del Giorno di Anima di Vento: gennaio 2017)
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