Fine degli anni ‘30. Una piccola scuola di un
paesotto di contadini e tagliaboschi. Quella mattina non era
particolarmente arrabbiata, la maestra; finché Nanninella nell’ultima
fila non chinò la testa sul banco e prese a dormire.
Quando se ne
accorse, brandì la sua”riga” passò silenziosa tra le due file di banchi
la raggiunse e la “svegliò” con due colpi sulle spalle.
La ragazzina saltò al primo colpo e cercò di parare il secondo.
Nanninella quella mattina, come le altre mattine, si era alzata alle
tre, aveva accompagnato la mamma in montagna, aveva mietuto con lei, con
lei s’era fatto il fascio di fieno, se l’era issato in testa e l’aveva
portato a casa. A tempo per lavarsi il viso, mettere il grembiule e le
scarpe e andare a scuola.
La signorina Elisa, tutta soddisfatta se
ne stava tornando alla cattedra quando inciampò nel penultimo banco e
per non rovinare per terra si afferrò al primo banco della fila.
Ma
… ma sul banco c’era la penna, e la penna di quei tempi era
un’assicella di legno con un “pennino” montato in punta … il pennino le
si infilò nel dito …
Con un urlo di dolore, il dito sanguinante prese a menar botte ed inveire contro la bambina che occupava quel posto.
”Crape, crape ma che ve ce mannena a ffà a scola ?, che ve ce mannene a
ffà ? … jate ‘a muntagna !… a muntagne …. vi odio! vi odio!”
”Capre, capre ma che vi madano a fare a scuola ? che vi ce mandano a
fare ? … andate alla montagna! … alla montagna! …. vi odio vi odio!”
E continuava a menar rigate … finché non pensò che si doveva fasciare il dito.
Ragazzine di 3° elementare 10, 11 anni, che s’affacciavano a sbocciare …
La signorina Elisa, zitella sgubbatella, sorella del dottore, figlia del marchese.
Quando se ne accorse, brandì la sua”riga” passò silenziosa tra le due file di banchi la raggiunse e la “svegliò” con due colpi sulle spalle.
La ragazzina saltò al primo colpo e cercò di parare il secondo.
Nanninella quella mattina, come le altre mattine, si era alzata alle tre, aveva accompagnato la mamma in montagna, aveva mietuto con lei, con lei s’era fatto il fascio di fieno, se l’era issato in testa e l’aveva portato a casa. A tempo per lavarsi il viso, mettere il grembiule e le scarpe e andare a scuola.
La signorina Elisa, tutta soddisfatta se ne stava tornando alla cattedra quando inciampò nel penultimo banco e per non rovinare per terra si afferrò al primo banco della fila.
Ma … ma sul banco c’era la penna, e la penna di quei tempi era un’assicella di legno con un “pennino” montato in punta … il pennino le si infilò nel dito …
Con un urlo di dolore, il dito sanguinante prese a menar botte ed inveire contro la bambina che occupava quel posto.
”Crape, crape ma che ve ce mannena a ffà a scola ?, che ve ce mannene a ffà ? … jate ‘a muntagna !… a muntagne …. vi odio! vi odio!”
”Capre, capre ma che vi madano a fare a scuola ? che vi ce mandano a fare ? … andate alla montagna! … alla montagna! …. vi odio vi odio!”
E continuava a menar rigate … finché non pensò che si doveva fasciare il dito.
Ragazzine di 3° elementare 10, 11 anni, che s’affacciavano a sbocciare …
La signorina Elisa, zitella sgubbatella, sorella del dottore, figlia del marchese.
Un racconto breve e pregno di emozione
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