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lunedì 29 giugno 2015
domenica 28 giugno 2015
Cicatrici by Am Vezio
Sapresti carezzare la linea
delle mie cicatrici?
E sulla loro via
intersecata dai nodi
di sutura
troveresti la cellula
che di te è intrisa?
Dimmi, ti riconosceresti
tra la linea e i nodi?
delle mie cicatrici?
E sulla loro via
intersecata dai nodi
di sutura
troveresti la cellula
che di te è intrisa?
Dimmi, ti riconosceresti
tra la linea e i nodi?
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
PER NUTRIRE IL PIANETA testo presentato all'Attività dell'Associazione Culturale "Amici dell' Arte di Meda "-Contributo all' EXPO 2015. (Pasqualina Di Blasio)
Berrò io la tua arsura,
mangerò io la tua semenza seccata
scaverò io tuberi e pozzi interrati
sentirò il tuo vuoto di pancia gonfiata
la sabbia che frana ed il mare che chiama
scaverò io tuberi e pozzi interrati
sentirò il tuo vuoto di pancia gonfiata
la sabbia che frana ed il mare che chiama
a percorrere tanti ingiusti calvari.
Solo così saprò
(io Caino che il gemello ritrova)
di quale ingiustizia si nutre la stessa Placenta
Solo così vomiterò il mio superfluo
Maleficio che preme sul fegato
e la Ragione imbrogliata avvelena.
(io Caino che il gemello ritrova)
di quale ingiustizia si nutre la stessa Placenta
Solo così vomiterò il mio superfluo
Maleficio che preme sul fegato
e la Ragione imbrogliata avvelena.
Sarai tu la mia Panacea
il filtro che il mio troppo depuri
che darà fiato novello alle Trombe
prima che tuoni il giudizio finale
la mannaia su Ingordigia insaziata.
il filtro che il mio troppo depuri
che darà fiato novello alle Trombe
prima che tuoni il giudizio finale
la mannaia su Ingordigia insaziata.
Un bilanciato big bang
con miliardi di mani svuotate
da ingiustizia e menzogna
percorrerà il Nuovo pianeta
con equità ed amore fraterno allacciati.
con miliardi di mani svuotate
da ingiustizia e menzogna
percorrerà il Nuovo pianeta
con equità ed amore fraterno allacciati.
Salute/malattia (da: Taccuino di viaggio)
L'uomo non è programmato per la malattia, essa è il risultato del disequilibrio - mente/corpo -
ad aprire il canale a ogni disagio/malattia è la pigrizia mentale e psicologica/spirituale che accresce la barriera contro le difese immunitarie. La pigrizia mentale e psicologica/spirituale nega il collegamento del corpo alla salute: l'unione del corpo mentale emozionale spirituale fisico, separandone quindi l'armonia/salute.
ad aprire il canale a ogni disagio/malattia è la pigrizia mentale e psicologica/spirituale che accresce la barriera contro le difese immunitarie. La pigrizia mentale e psicologica/spirituale nega il collegamento del corpo alla salute: l'unione del corpo mentale emozionale spirituale fisico, separandone quindi l'armonia/salute.
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
Nero
Come pesa il manto della notte, quando il cielo è nero, sopra e sotto.
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
venerdì 26 giugno 2015
Dentro il tempo da "I miei giorni"
Fortemente
aggrappata
alla lancetta
dell’orologio
cerco di
fermare
il passare
del tempo
Ho bisogno di
limitare
la sua corsa
stressante
di avere
qualche istante:
una pausa fra
un respiro
e il
passaggio dell’aria
Ho bisogno di
pensare
e per farlo,
annullare
lo spazio
troppo corto
che opprime
il mio petto
nell’ora che
scandisce
e mi dice “è
tutto fatto”
Non ho ancora
fatto niente
Le mie
braccia
stringo al
petto
le unghie
infilo nelle
carni
e se il
sangue sgorga ancora
ho bluffato
qualche ora
L’ ho fermata
nel mio corpo
dilatata
dentro me
e nel rosso
suo calore
cancello ogni
momento
di attese e
di rinunce
e ne invento
ancora nuovi,
per fiorire
dentro il tempo.
giovedì 25 giugno 2015
Divina Natura
Appartenere e appartenersi: Natura e Anima, dell'uomo e del Cosmo, in simbiotico respiro di vita; grande è l'enfasi che pulsa in ogni atomo quando vivere non è dovere ma ringraziamento di esistere. La Vita è scorrere di suoni effusi fra gli attimi.
sabato 20 giugno 2015
D'azzurro fasce (estemporanea)
E' scesa
lentamente la sera
su finestre aperte al cielo
Scorrono scivolano cadono
fasce di azzurri smerlati
in antri caldi di case
Lente s'avvolgono
- anime e menti lambiscono -
Di nuovo colore
s'agghinda la vita:
è sera.
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
Stille
Vagano
stille d’anima in cieli assenti
Sangue s’allarga
su bulbo cieco d’occhio
Cade cellula morta
a ingravidare terra
Stille d’anima cadute
È dolente
questo momento.
stille d’anima in cieli assenti
Sangue s’allarga
su bulbo cieco d’occhio
Cade cellula morta
a ingravidare terra
Stille d’anima cadute
È dolente
questo momento.
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
La Vita è: attimi in corsa, non lasciamoli fuggire accanto a noi, corriamo insieme ad essi.
La Vita è: attimi in corsa, non lasciamoli fuggire accanto a noi, corriamo insieme ad essi.
(cit. Annamaria Vezio)
(cit. Annamaria Vezio)
venerdì 19 giugno 2015
Cirri e voli -da "Dissolvenze"ed. 2015
S’alzassi la mano
a toccare quei cirri
dissolvere forme e colori
vorrei
e d’altre ne inventerei
Quella nube
che bianca disegna
quel cielo
- in sembianza d’ariete
aggiustata –
afferrerei, e su essa
dal vento d’oriente domata
a guardare dall’alto l’abisso
ridente di luce suprema
m’involerei.
Da "Dissolvenze" ed. 2015
D.L.
22/4/41 n. 633 "Protezione diritto d'autore e diritti connessi al suo
esercizio" su testo e immagine (G.U. n.166 del 16/7/41 mod. D.L
22/5/2004 n.128).
sabato 6 giugno 2015
Una lettera per te, uomo.
Momenti della vita che restano fermi nel passaggio del Tempo, non ne modificano il ritmo, stanno zitti ma colmano l'anima di un vissuto che è stato e di un futuro che potrebbe essere.
Questa lettera è per te, uomo, per te. Non mi hai spezzato il cuore come accade nei romanzi no, forse l’ho spezzato io a te con tutte le mie imprecise idee sulla vita. Chi lo sa. Chissà cosa ci siamo fatti. Innamorati alla follia e forse non lo sapevamo, eravamo soltanto certi che vederci e volerci era unico lampo di cielo, senza domande, senza prospettive, era il momento del “no, non si può”.
Questa lettera è per te, uomo, per te. Non mi hai spezzato il cuore come accade nei romanzi no, forse l’ho spezzato io a te con tutte le mie imprecise idee sulla vita. Chi lo sa. Chissà cosa ci siamo fatti. Innamorati alla follia e forse non lo sapevamo, eravamo soltanto certi che vederci e volerci era unico lampo di cielo, senza domande, senza prospettive, era il momento del “no, non si può”.
La scrivo per te questa lettera, ma la leggo a me, questa me
che non conosceva sé quando ti aveva. Questa me che ora si conosce ma non ha
più te. L’uomo è vigliacco, non lo si dice, ma è proprio così. Avrei voluto
vederti ora, ora che siamo vecchi, o adulti cosa preferisci? Ora che non hai
avuto il coraggio di confrontare le nostre maturità. Chissà, forse hai una
donna, hai impegni morali, sentimentali, e non ha voluto vedermi. Cosa ti ha
fatto paura? Di non saperti fermare? Beh, forse è vero: non avremmo saputo
farlo, o forse sì, bere un caffè per la città non avrebbe potuto agevolare un
incontro passionale. Ma sei stato vigliacco, vigliacco vigliacco, e lo urlo, te
lo butto in faccia e te lo faccio mangiare, come quell’insalata con troppo
limone.
Scrivo con l’incertezza della luce tremula della candela, lo
sai che ho questa pericolosa abitudine: la candela accesa di notte. Mi accarezza
la sua delicatezza, è compagnia assai preziosa, mi mostra le sfumature della
vita che la luce piena cancella, e aiuta la concentrazione, e perfino i miei
viaggi astrali!
Scrivo questa lettera per te, dicevo, e mi ripeto, ma leggo
me.
Vorrei davvero tu leggessi, smettessi di spiare fra le
pagine e poi sognarmi, desiderarmi senza appello. Sono il tuo tormento, tu la
mia dolcezza, il mio languore. Lo sono anche per te, ma io non ho paura di
guardarmi dentro e fuori, e tu sì.
Lo sai? Uomini per strada fanno ancora i loro stupidi
complimenti, li sorpasso imperterrita ma dentro me sorrido e ricordo, ricordo
te che mi dicevi: ma che ci fai a noi uomini?
Non faccio nulla in verità, se non avere sul viso la tua
impronta. Quella tua mano che accarezzando il profilo mi fece capitolare, mi
portò laddove vita è tutt’altra cosa da quella mia vissuta. E lì è rimasta.
È passato il tempo, non sono i momenti scanditi da un
orologio a marchiarne il passaggio, no, sono il fuoco delle emozioni a
imprimerne i contorni, e anche la profondità.
Tu, sei andato nel profondo che di più non si può, sei
arrivato all’essenza che nemmeno nell’atto del concepimento è stata mai segnata.
Mi hai mostrato il cielo e ogni elemento possibile, più dei conosciuti, m’hai
mostrato l’eterno. E nell’eterno sei rimasto. Nel mio eterno.
Ora tu mi spii senza coraggio, nella tua pavida esistenza
fatta di cose già collaudate, hai timore di guardarti senza prudenza. Ecco, è
forse questo uno dei lumi che non sai guardare, che mai hai saputo fare: osiamo
l’osabile, ma mai senza certezze. È tutto prevedibile: il vento quando sei in
volo o l’onda quando navighi, ma l’amore no, l’hai detto, l’amore è
destabilizzante.
E noi, uomo, siamo imbattuti proprio nell’amore. Era destabilizzante
anche per me, cosa credi?
Sola nella mia penombra guardo me e guardo te, so quando mi
pensi perché sei qui accanto, nel mio letto pieno di te. Ti guardo, anzi ti
spio, e vedo di te un volto sconosciuto, un uomo dissacrante, un uomo che della
vita non ha capito niente. Tu mi spii e pensi chissà che. Sono lontani i nostri
tempi quando a squarciare il cielo bastava esserci accanto. Ricordi? S’illuminava
il patio quando i nostri sguardi si sfioravano, era Pasqua, tu coi tuoi pacchi
infiocchettati e io come bambina oltre la siepe, volevamo tenere il sentimento
segreto, ma non lo fu, tutti riconobbero il forte vibrare dietro ogni nostro
contegno.
E la mia vendetta? Venni a te non invitata, coi due flute
fra le dita. Volevo odiarti, forse ferirti, nel mio sguardo ogni possibile
bugia, ma ero innamorata. Finimmo sul letto dopo inutili schermaglie: io
sarcastica come non mai, e tu paziente eppure costretto al gioco.
Mi cercasti nella notte, ero sul divano col tuo cagnolino,
non ero serena nel tuo letto, t’amavo troppo e mi sconvolgeva.
Tu, eri spaventato dalla mia mancanza. Ti stupivo, nella mia
follia ti stupivo.
Ah quanti attimi ho qui con me che a te ho rubato!
E ricordi l’ultima volta? Venni a te vestita di nero (quell’abito
non riesco a buttarlo), senza trucco perché tu vedessi l’ombra di me, e invece
mi guardavi dentro agli occhi dicendomi che erano belli, che erano sempre belli
e ammalianti. Facemmo l’amore per l’ultima volta, te lo dissi, era il mio addio
(ma tu, n’eri cosciente?) e ti chiesi (che modo miserabile): t’è piaciuto? Ben sapevo
ch’era la peggiore frase dopo l’Amore, ma lo feci apposta, per imprimere in me
stessa che altro non era che semplice sesso, e per farlo capire a te; per farti
capire che come sempre, ero io a vincere la partita, che me ne andavo,
lasciandoti di me solo un lontano ricordo di sensi. E non di amore. Sempre io a
vincere, è così, vince chi va via, e io avevo già perso…
Che diamine ci siamo fatti amore mio, che diamine ci siamo
fatti? Avevamo fra le mani, nella pelle, nelle vene, nell’essere, l’amore. L’abbiamo
barattato con il più ignobile dei bisogni: la ragione.
E tu mi spii fra le pagine vivendo in superficie, e io
sorrido e passo avanti agli uomini che mi vorrebbero. La mia solitudine sei tu.
La mia vera vita sei solo tu, cita una canzone-
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