Vi è nel Creato una Sorella di verde colorata, così la
fece lo scultore di Sorelle, ma forse
forse nel suo pensiero, l’immagine non aveva ben presente di colei che stava
per plasmare. Aveva già costruito e ora andava per rifinire, pennelli in mano e
creta animata, altre sue Sorelle, tutte variegate. Una l’ornò con un cappello
in testa, che a scuoterlo cadevan fiocchi, d’arcobaleno colorati, e la chiamò:
Serenità. A un’altra mise in grembo un grembiule largo largo, colmo d’ogni curiosità,
che ella teneva con una sol mano legato, e coll’altra ne spargeva il contenuto,
la chiamò: Gioia. Ne aveva un’altra già pronta da rifinire, volle distribuirle
ben bene il colore sulle labbra, che fece rosso acceso, in un bel sorriso, e
quando apriva bocca, pareva espander fiori a ogni parola, e la chiamò:
Sincerità. All’ultima arrivò, aveva il corpo rigido e il viso contrito e
arrabbiato, non riusciva in nessun modo a modellarne le fattezze: com’egli
plasmava la creta animata, di nuovo tornava alla primaria sembianza. Non v’era
modo di cambiarne il verso. Pensò, lo scultore
di Sorelle, di chieder aiuto ad ogni elfo e ogni ondina e ogni spiritello
lì lì fra i colori celati; accorsero subitaneamente a mirare e rimirare il
soggetto del dilemma. Provarono tutti, da foga presi, a levigare e colorare, a
fare gesti strambi per la materia ammorbidire, che un po’ pareva mutare la
struttura, a dire il vero, ma dopo il primo istante, rigida tornava, chiusa nel
suo broncio annodato, e nulla nulla la smuoveva. Chiese allora, lo scultore di Sorelle al Cielo, che gli
desse soli ridenti e nuvole giocose e arcobaleni lucenti, da mostrare a quella
Sorella, che sua materia s’ostinava a tener stretta in rigidezza, chissà che
commossa da tal bellezze, potesse esser ella più pronta alla dolcezza! Non vi
fu risultato alcuno, ella restava tal quale. Insorsero allora i colori e i
pennelli e l’altre crete animate, fu un frastuono di voci e di rumori: a terra
rotolavano i vasetti a spander sul terreno il loro contenuto colorato, le crete
inveivano per il tempo perso che le faceva secche, sole e nuvolette e
arcobaleni, dolenti s’attorcigliavano su se stessi; lo scultore di Sorelle , arreso si sedette, le mani a stringere la
testa, lo sguardo annegato di pianto, le Sorelle tutte accanto. Così i pennelli
commossi dal dolore dello scultore creatore, e d’accordo tutt’insieme
raccolsero le sue lacrime, e al popolo di elfi e ondine e spiritelli e vasetti
del colore e crete animate, le mostrarono. Ognuno commosso, andò a consolare lo
scultore e a raccattare l’altre lacrime, quando furono raccolte tutte, le
misero l’una sopra l’altra, e man mano che il cumulo cresceva, davanti a quella creta rigida,
divenivano gelate. Guardavano stupiti tutti e in ognuno balenò, nello stesso istante, il nome giusto da dare all’ultima fatica dello scultore di Sorelle, a quest’ultima Sorella: Gelo- sia. I pennelli intanto, per finir l’opera, intingevano la punta nel rimasuglio di colori, da tal miscuglio venne fuori un verdognolo spento. Fu così che la Sorella di creta rigida restò per sempre di colore verde, e fu perché gelò perfino le lacrime del suo creatore, che le restò il nome che ogni elfo ondina spiritello e creta animata e anima del Creato le avevano dato: Gelo-sia.
divenivano gelate. Guardavano stupiti tutti e in ognuno balenò, nello stesso istante, il nome giusto da dare all’ultima fatica dello scultore di Sorelle, a quest’ultima Sorella: Gelo- sia. I pennelli intanto, per finir l’opera, intingevano la punta nel rimasuglio di colori, da tal miscuglio venne fuori un verdognolo spento. Fu così che la Sorella di creta rigida restò per sempre di colore verde, e fu perché gelò perfino le lacrime del suo creatore, che le restò il nome che ogni elfo ondina spiritello e creta animata e anima del Creato le avevano dato: Gelo-sia.
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