Chiuso tra lenzuola
che gli sono sudario
Aristide sogna la sua mano
andare sciolta verso il vento
ad afferrare le foglie dell’autunno;
sogna ad occhi aperti
e maledice il giorno di settembre
quando per darsi fretta
ad agghindare un tavolo
di vino d’annata e candele
tolse la lama all’affettatrice.
Aristide è monco,
orfano della mano destra,
ceduta in libertà in quella sera
che ritmava note d’alba dell’amore,
sera d’invito a vivere un sogno
tra sguardi d’infinito.
Aristide ora piange
raccolto tra momenti di rimpianto
e fughe verso il cielo,
quel cielo perduto nell’abbandono
e nel fazzoletto raccoglie
le gocce d’un passato amaro.
Aristide è monco,
ferito nel fisico e nel cuore.
Mitico!
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