Odo
scalpitar d’ungula ferrata
che più
batte in un palpito serrato
sul quella
strada di basalto nero
che mi
ricorda ancor l’adolescenza,
età lontana,
mai dimenticata.
Il tempo
d’allorquando alla stazione
salivo
su romantica carrozza
che mi
portava giù per l’abitato
fino alla
casa in fondo alla borgata.
Ancora
avverto quel rumor ferroso
delle ruote
sul lastrico pietroso
e, come
un’ode, risento la schioccata
dello
staffile, che l’aria fende quieta
per incitar
lo splendido destriero
quasi ad
andar ver nobile maniero.
Sul comodo
divan di crine assiso
godevo il
dondolio dell’andatura
specie sul
tratto della creta dura,
e dolce mi
sovvien ora il ricordo
di quando il
grande tetto già disteso
m’evitava
d’essere d’acqua intriso
al giungere
improvviso della pioggia,
ch’oltre a
risvegliare tanfo di stalla
in ciel
spandea l’odore dell’argilla.
Quanti
ricordi nell’anima annidati
salgono
lesti alla mente intorpidita
ed or fra
fumi d’auto brulicanti
vile mi
sento al par d’un mendicante.
Allora niuno
era più povero di me
ma, sulla
carrozza, mi sentivo un re.
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