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Calliope

Calliope
Inno all'arte che nel nostro sangue scorre.

mercoledì 26 aprile 2017

Mimmo in arte Antonio de Curtis Sogno di una notte di mezza estate


La prima luce che mi carezzava il viso o lo sciabordio dell’acqua sotto il fondo della barca?
La luce che filtrava dalla fessura tra i due lembi della tenda!
Mi ritrovai nel mio letto, pieno!
Nel pieno di un amore passionale: turgido e madido.
Per un attimo restai interdetto; poi realizzai …
Ricostruii a ritroso quel lungo momento.
Improvvisamente mi ero trovato sulla soglia nella penombra della porta appena socchiusa … avevo appena aperto ancora un po’ il battente … nel chiarore incerto di non so quale abat-jour dormivi, il sorriso sulle labbra, la mano morbida sul cuscino … quasi un faro sembrava illuminare quella parte di stanza, solo quella parte … fui tentato di oltrepassarla quella soglia … ma … ma tu apristi gli occhi e mi guardasti … mi guardasti … mi ritrovai con la mia mano nella tua … a passeggiare tra i tuoi fiori … nella tua camicia bianca sembravi la luce dei tuoi fiori.
E ridevi e correvi e mi … giocavi … Io ti seguivo “come un bambino segue un aquilone” … mi tenevi per mano eppure mi sembravi lontana lontana … finché me la lasciasti e prendesti a correre, correre …
“Vieni! - mi dicevi, senza parlare - Vieni!” … ed io sentivo il peso dei miei anni. Ma improvvisamente mi nacque non so quale forza, quali nuove o vecchie energie.
E t’inseguii e ti raggiunsi e ti presi io per mano.
E correvamo insieme su prati verdi verdi appena umidi di fresca rugiada.
Era notte; ma forse era la luce della luna che tingeva di luce la nostra corsa. Tu ridevi, sorridevi nella tua svolazzante vestaglia.
“Spegni la luce” pensai.
Avrei potuto anche spegnerla la luna ma non il tuo sorriso.
Correvamo leggeri, eterei; attraverso il bosco che sembrava una coltre che ci copriva.
E tu ridevi e stringevi la mia mano.
Non so se eri tu che andavi ed io che ti seguivo o io che andavo e tu che mi seguivi: andavamo; chissà dove.
Sentivo la dolcezza della tua mano che stringeva la mia; le strette che a volte diventavano più strette come a saggiare che ci fossi ancora; e tu come me.
E sbucammo su una spiaggia lunga lunga lunga.
Ti fermasti un attimo al margine; sedesti su una pietra a guardare lontano all’orizzonte come se … non lo so … poi ti alzasti mi afferrasti la mano e corremmo corremmo corremmo.
Finchè cademmo sfiniti sulla battigia.
Il tuo corpo ansante ed il mio; i tuoi riccioli nella sabbia e la tua bocca.
Ti baciai dolcemente. Dolcemente mi baciasti.
Mi offrii ti offristi.
Risento la carezza delle tue gambe avvinghiate al mio corpo ed il calore caldo di te.
Te …
Nudi e felici immemori e persi.
Mi carezzavi dolcemente; dolcemente baciavo il tuo corpo tenero.
E tu sorridevi d’un sorriso senza pensieri.
E poi restammo lì a guardare un cielo che forse non c’era … mano nella mano.
Quanto tempo restammo così, a parlaci in silenzio vicini nel cielo ch’era tutto nostro?
Ti avvicinasti e poggiasti la testa sul mio petto; sentivo il battito del mio cuore attraverso il tuo; ti carezzavo il viso ed i capelli; sentivo il tuo seno caldo sul mio fianco; sentivo il tuo corpo fremere … e sentivo.
Sentii il tuo bacio improvviso, violento.
Sentii che mi rivoltavi, m’infilavi in te e il tuo abbraccio che pareva stritolarmi e la tua passione alla quale mi abbandonai.
Una furia da lontani millenni: mi mordevi ti mordevo; ti stringevo e mi stringevi come a volerci spremere l’essenza del nostro essere donna e uomo.
E sapevi d’amore e di desiderio represso, nascosto, liberato.
Il canto dei nostri corpi stretti avvinghiati, aggrappati l’uno all’altro. Lo sentiva il mio corpo lo sentiva il tuo corpo … due corpi senz’anima all’albore dell’uomo, una strepitosa sublime sofferenza, l’attesa. L’attesa infinita, infinita … infinita …
Sfiniti e felici; grondanti l’uno dell’altra; tu e la sabbia viva vera che s’attaccava alla schiena. Pieni e vuoti. Nei sussulti dei nostri corpi che pian piano si ritrovavano.
All’improvviso ti alzasti e corresti, corresti verso il mare, a mare; e corsi a mare da te; tra spruzzi e spinte e giochi d’acqua e di mani godemmo ancora dei nostri corpi sorridenti.
Tu.
E mi sembrò di vedere nel riflesso dei tuoi occhi l’uomo che ero stato; e mi sembrò di vedere coi miei occhi una donna felice.
Non ci eravamo detto una parola, pensai; e mi accorsi che sarebbe stata di troppo: due giovani nella notte lungo la spiaggia, nudi come cioccolatini senza carta – così pensai – cioccolatini senza carta.
C’era una barca ricoverata lì e bastò che ci guardassimo; rivoltammo e spingemmo, spingemmo finché non la mettemmo a mare.
Ci allontanammo un poco; e poi ancora un poco; ed ancora un poco finché non fummo io e te e il mare e il cielo.
Stesi sul fondo duro della barca c’immaginammo stelle tra le stelle, una stella doppia; l’onda calma del mare ci cullava come in una culla di bambino. Era come un sonno … un sogno … vero
Ti tirai vicina, più vicina ancora, ti sentii stupita e felice; e quando entrai in te dolcemente sentii il tenero abbraccio delle tue braccia; anche la bocca sapeva di dolcezza e tutto il corpo era tenerezza.
Lo sciabordio del mare sotto la barca sembrava cantarci canzoni d’amore … le vidi nei tuoi occhi lucenti, le sentii nelle tue parole mute: tu; ed io; tu ed io; cantava il mare, cantava.
E sentii sul viso una carezza di luce … e nelle orecchie lo sciabordio dell’acqua sotto la barca.

All rights reserved - © copyright text-Domenico Pagliara "Autore del Giorno -Anima di Vento 2017"
 immagine dal Web

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