Il commento al romanzo Eos e Titone che Annamaria mi ha inviato mi ha lusingato e commosso e voglio condividerlo con voi. Grazie Annamaria. Paolo Andreocci-
Eccolo:
Annamaria".
Leggendo Paolo Andreocci ho pensato ad Alexander Dumas padre, per la carica romanziera frammista ad eventi reali assimilati da quelli fantasiosi. Nel libro Eos e Titone vi è la completezza della descrizione di luoghi e periodi storici debitamente documentati da un accurato studio toponomastico nei quali si fondono leggenda, mito e immaginazione che trasportano rigo dopo rigo in dimensioni che circuiscono la mente e l’anima trascinandole in una deliziosa pausa onirica. Le immagini che il libro descrive diventano vere e proprie immagini ipnagogiche ed è un’esperienza bellissima. Credo di essere rimasta in uno stato ipnopompico durante tutta la lettura del libro di Paolo, la percezione di ciò che ho letto è diventata per me una realtà tangibile, mi ha presa e divorata.
Aprendo il libro ci si cala subito in luoghi lontani, studiati fra i banchi di scuola per atterrare sul suolo antico di Troia, ma non si incontrano strenue lotte e guerrieri sanguinanti, bensì l’inizio di una congiuntura mitologica - umana, e fra mito, leggenda e storia si snoderà il racconto più coinvolgente finora conosciuto.
Cosa dire che non dica il libro stesso, è difficile parlarne, nel prologo ho accennato appena ad alcuni personaggi, ognuno completo nelle sue vicende e nel suo corso vitale, raccontare di loro, ora, è sminuirne la posizione nel contesto narrativo, vorrei saper raccontare degli effluvi del giardino che si riveste di colori e profumi per ammantare l’amore divino degli amanti nell’ attimo della fusione dei corpi, o di quei momenti che descrivono l’eros prorompente della dea fatto di luce e colore o i colori della visione del passaggio di Eos che diventano reali e si innalzano dalla pagina: “… il cielo turchino si striò di rosa, poi si levarono fiamme di luce: il suo cocchio dorato era sopra di noi”, ma potrebbe sembrare fuori luogo perché forse meno risaltante a confronto alla miriade di descrizioni avvolgenti e pregni di alta poesia di cui è folto il libro.
Mi sono permessa di accomunare Paolo ad Alexander Dumas padre per alcune analogie di stile narrativo, l’incalzare degli avvenimenti che carpisce l’attenzione e la sprofonda in avventure coinvolgenti che ritrovo nel “Tulipano nero”, ma soprattutto vedo Paolo in Dumas per l’analogia “erotica” … “Violette”
Questo libro è stato per me fame e sazietà, più mi inoltravo nella lettura, più aumentava il bisogno (la fame) di ingurgitare ogni successivo passo e mi saziavo, più mi saziavo e più aumentava la fame. Fino alla fine del romanzo.
Presentazione presso Vibrazioni dell'Anima - Firenze
Buonasera a tutti e grazie per essere qui con noi in questa piacevole occasione. Devo innanzitutto ringraziare lo scrittore Paolo Andreocci per avermi concesso l'onore di poter esporre la mia opinione sulla sua opera che sta avendo un grosso successo in tutta Italia, grazie per la stima che assegnatemi e che ricambio con sincerità. Non conosco Paolo direttamente, come persona, l'ho conosciuto profondamente attraverso il suo libro, ho conosciuto cioè la sua parte fantasiosa, sono entrata nei meandri del suo pensiero scoprendolo a poco a poco fra le righe e lui, mi spiava fra le righe, come un bimbo birichino per carpire le mie emozioni man mano che si delineavano assaporando il suo scritto ed è del suo scritto che voglio parlare perché mi è appartenuto e, gli sono appartenuta.
Paolo mi chiese tempo fa un commento su Eos e Titone ed io risposi con un mio pensiero di getto, che vi leggo:
"Ho letto ed amato la tua opera Eos e Titone, Paolo, è davvero una grande opera. Mi sono persa in terre e tempi magistralmente trasportati nelle pagine. Sono diventata pura come il dolore di Titone e discinta nel peplo della sfrontata dea, di lei mi sono illuminata e in lei mi sono smarrita, ho tifato per Vera e pianto con Eos- mamma-dea, per Mèmnone. Ho sentito gli odori e ingerite le emozioni insieme agli amanti, lì, fra i muri o fra le fioriture dei giardini e dei loro sensi o fra le piume delle Nove Beccacce Nove, e come le beccacce ho seguito leggera Titone e i suoi stessi odori; odori e profumi hanno accompagnato la lettura; odori di uomini e di donne, di gioventù e vecchiaia, di fiori e di istinti, di cielo e di miele, di aurore e di notti… di Tempo che come un’aurora e un crepuscolo sempiterni hanno disegnato i secoli. Sono rimasta sotto la lingua di Storno diventando ora tale uccello ora tal’altro, con Kurt ho vissuto la ricerca e meditato sul Kama, mi sono seduta alla scrivania del prof. Punzen e l’ ho scrutato anticipandone la reazione… Mi sono vista riflessa nell’ antefissa numero due ed ho compreso l’antefissa numero uno, ed ho avuto compassione della insaziabile Eos e tenerezza per l’Immortale. Ho ingurgitato il libro, bevuto, assaporato, avrei voluto continuare a leggere e leggere e leggere e quando sono arrivata all’epilogo l’ ho centellinato, sperando nel miracolo che oltre le pagine già scritte ci fossero ancora pagine da vivere. Poi mesta mi son seduta accanto a Ladislao, di nuovo nel mio tempo e l’ascoltavo, seguivo i suoi momenti e l’ascoltavo, inaspettata poi si è porta a me una illusione: e se Eos, in tutto il suo fulgore, venisse a me e se Titone, venisse a me; se Eos mi assegnasse tutta la sua compassione e… e se quel piccione che ieri è entrato in casa mia, fosse in realtà una beccaccia?…
Paolo, mi inchino al tuo grande intelletto, vorrei poter continuare ad esprimere il mio sentire, ma finirei col trascrivere tutto il tuo libro già così pregno di sentire.
Ora mi è stato proposto questo intervento, è difficile per me che sono più propensa alla meditazione che non all'esternazione dire come si conviene di un romanzo così completo, ci provo con umiltà e vi chiedo scusa se leggerò dai miei appunti, purtroppo sono più brava a scrivere:
Leggendo Eos e Titone, mi sono calata in luoghi lontani, quelli studiati sui banchi di scuola (che a quei tempi certamente non mi prendeva come ora in questo contesto), per poggiarmi sul suolo antico di Troia, ma non ho incontrato strenue lotte e guerrieri sanguinanti, bensì una congiuntura mitologica-umana e, fra mito, leggenda e storia mi sono annodata nel racconto più coinvolgente finora conosciuto. Ho pensato a Paolo Andreocci come ad Alexander Dumas padre, come in lui ho incontrato la stessa carica romanzesca frammista ad eventi reali assimilati da quelli fantasiosi (come nel Tulipano nero ad es.), ma vi è di più in questo libro: la completezza della descrizione dei luoghi e dei periodi storici debitamente documentati da un chiaro ed accurato studio toponomastico nei quali si fondono la leggenda e il mito e l'immaginazione che trasportano rigo dopo rigo in dimensioni che circuiscono la mente e l'anima trascinandole in una deliziosa pausa onirica. Le immagini che il libro dipinge diventano vere e proprie immagini ipnagogiche, credo di essere rimasta in questo stato ipnapomico durante tutta la lettura del libro di Paolo, la percezione di ciò che ho letto è divenuta, per me, una realtà tangibile che mi ha presa e divorata, ed è un'esperienza bellissima. Ho tenuto nella mia borsa e portato ovunque il romanzo di Eos e Titone per tutto il tempo che mi è occorso per leggerlo, ne ingoiavo tre pagine, dieci, trenta, a seconda del tempo a disposizione e i personaggi restavano con me aleggiandomi attorno come le beccacce di Titone. Per giorni la disperazione di Eos è stata la mia ed insieme, come mamme unite dallo stesso dolore, abbiamo pianto Mèmnone e a volte mi sembrava di riconoscere nei rumori che mi circondavano, il suono della sua statua, come nel 27 a.C. quando tutti pensavano che quel suono nel colosso di Tebe, prodotto dalla fenditura a causa del terremoto, fosse davvero il saluto di Mèmnone ad Eos.
A Dumas padre ho pensato per il forte erotismo di cui è avvolta Eos, e se in Violette di Dumas ho incontrato l'iniziazione erotica di una donna e il trionfo della passione e dell'amore in tutte le sue sfaccettature umane, in Eos di Paolo Andreocci mi sono imbattuta nell'eros ancor più potente, più genuino e poetico, dove la passione è un tutt'uno con l'alba della vita, con l'alba di ogni giorno. E' poesia pura, poesia di altissimo erotismo, è la poesia dell'eros "divino" che convoglia nello spirito e nel corpo dell'"umano". Eos mi ha avvinghiata a sé e trasportata nelle sue scorrerie facendomi complice e protagonista, ed io, donna, l' ho capita e l' ho vissuta e devo dire che Paolo ben conosce la sfera femminile se ne ha esposto così profondamente tutti i moti di cui in fondo solo noi donne siamo a conoscenza, lui li ha estrapolati dai nostri angoli bui e li ha spalmati sulla carta con la chiarezza che contraddistingue tutto il libro, ma non solo l'animo femminile conosce come fosse esperienza vissuta direttamente, ma tutto il compendio umano che affolla il romanzo con le sue mutevolezze caratteriali e di circostanze; ogni personaggio è un racconto nel racconto, è dotato di vita propria, vive realmente nelle pagine, ne salta fuori e cammina la propria esistenza accanto a quella del lettore, tanta è l'energia che trasuda nel libro, a questo dato difatto mi riferivo quando dicevo di essere rimasta in uno stato ipnapompico durante tutta la lettura, perché lo scritto di cui vado parlando oltre alla rappresentazione dei luoghi e degli eventi in cui accadono i fatti, abbraccia tutta la sfera delle emozioni e dei sentimenti, dalla mestizia più nebulosa fino all’eros infuocante passando per tutti i colori e le dimensioni dell’iride. Per queste sue peculiarità ho detto a Paolo che leggerlo è stata fame esazietà, giacché più mi inoltravo nella lettura, più aumentava il bisogno (la fame) di ingurgitare ogni successivo passo e mi saziavo, e più mi saziavo, più aumentava la fame, fino alla fine del romanzo. Non saprei cosa dire che non dica il libro stesso, non voglio soffermarmi sui protagonisti che sono tanti quanti ne sono vissuti durante una parte del lungo arco dell'esistenza dell'Immortale ed ognuno impasto di vita propria, perché voglio lasciare a voi la gioia di incontrarli e con loro inoltrarvi in emozioni deliziose, in tutta la sfera delle emozioni, anche quelle osé, intime, ma comunque nostre. Non vi potrete mai annoiare nella lettura di Eos e Titone perché vi rappresentano, ogni uomo, ogni donna raccontati, oltre che i protagonisti principali - la dea e l'immortale - sono una parte di voi. Chiedo venia per questa che potrà sembrarvi una mia presunzione, ma vi assicuro che è questo che avviene leggendo il libro di Paolo Andreocci, ogni esperienza che vivrete insieme a uomini e donne partoriti dalla bellissima e fervida mente dello scrittore, che sia in un sito dell’Asia o dell'Europa in tempi remoti o più vicini, o in un giardino fantastico odoroso di fiori e di passione o su una riva che profuma di sale e di miele, su una barca, o per una strada lucida di pioggia o avvolti nella luce e nella vibrante ed erotica bellezza di un’alba, vi troverete voi stessi ad esserne il personaggio. E’ così ampia la gamma delle sensazioni che cattura obbligatoriamente chi si addentri nella lettura. Questo libro unisce il cielo e la terra, l’umano e il divino, lo spirito e il corpo, la vita e la morte e ne fa un viaggio attraverso il mistero dell’esistenza umana accarezzando le più profonde riflessioni sul ciclo della vita toccando importanti meditazioni spirituali, ma senza cadere in pesanti riflessioni piuttosto coprendole di piacevoli vesti, direi che Paolo centellina la Conoscenza e l’ asperge sui protagonisti i quali diventano portatori di insegnamento di vita. È il misticismo fuso nella quotidianità, nella realtà, anche e soprattutto l’erotismo che colora ogni pagina, oltre che essere chiaro e coinvolgente è comunque penetrato da una religiosità che porta al vivere le passioni come fossero i gradini del Karma; e questo viene dolcemente imposto: vivere le passioni con il corpo strettamente legato all’ anima. Qui ho vissuto la poesia erotica, ogni passo del libro ne è pervaso. Posso dire che tale lettura non è consigliata a moralisti bacchettoni, non perché sia offensiva o amorale, ma perché scopre e mette a nudo l’intimità, non solo del corpo e dell’istinto ma anche del pensiero e dell’anima, arriva all’ essenza, alla nostra più pura e alta essenza. È difficile da spiegare, solo leggendo la storia di Eos e Titone può farci camminare nel terreno nostro e a noi stessi sconosciuto. Ve lo spiegheranno meglio Niso e Filippone, i primi personaggi alla ricerca di Titone, il principe Karan uno dei tanti che si presero cura di lui e la piccola Lin che coccolò il Titone immortale ma già vecchio nel corpo, e poi la donna cannone che ne fece il suo bimbo mai avuto, e via via lo Storno, Vera, Kurt Salle, Punzen, Gio, Jurgen, Iris, sono tante le persone legate alle vicende di Titone, ed Eos, la sempiterna, la sfacciata e innamorata dell’Immortale, anch’ essa fra le intemperie del tempo interiore combattuta nella sua natura erotica e divina, Paolo fa dire di lei a Titone: “Lei è colma di sentimento, ma non può fare ciò che vuole, è costretta dalla sua natura, è prigioniera”, tale riflessione è nel contesto di un romanzo appassionante e lì per lì lo vediamo riferito ad Eos, ma a ripensarci ci porta a domandare a noi stessi se non lo siamo anche noi, prigionieri... e tante tante occasioni nel naturale svolgimento del libro ci porteranno a volgere lo sguardo al nostro io, ma questo sempre a posteriori, perché c’è un susseguirsi di eventi intriganti che ci porteranno aldilà del nostro momento presente. Ci troviamo quindi catturati e intimamente coinvolti dalla storia, anzi dalle storie narrate nel romanzo e insieme protagonisti affamati di sapere cosa troviamo oltre l’ultima pagina letta, cosa girerà nella giostra di questo arco di tempo in cui nell’ Immortale vige la decadenza del corpo a cui non può porre fermo, pur continuando ad amare ed essere amato e protetto e tradito dalla sua divina amante? Cosa si nasconde dietro ai suoi friiin friiin acuti e oltre i suoi occhi “fermi vivi” che sembrano scrutare la platea del circo di Gaston Grandet detto lo Storno?
Cosa dire che non dica ogni protagonista, è difficile parlarne, ho accennato appena ad alcuni personaggi, ognuno completo nelle sue vicende e nel suo corso vitale, raccontare di loro, ora, è sminuirne la posizione nel contesto narrativo, vorrei saper raccontare degli effluvi del giardino che si riveste di colori e profumi per ammantare l’amore divino degli amanti di Eos nell’ attimo della fusione dei corpi, o di quei momenti che descrivono l’eros prorompente della dea fatto di luce e colore o i colori della visione del passaggio di Eos che diventano reali e si innalzano dalla pagina, cito: “…il cielo turchino si striò di rosa, poi si levarono fiamme di luce…”, ma potrebbe sembrare fuori luogo perché forse meno risaltante a confronto alla miriade di descrizioni avvolgenti e pregni di alta poesia di cui è folto il libro. Ho un’ immagine costante che accarezza tutte le pagine ed è una successione di colori alborei soffusa di odori, “l’afrore degli amplessi divini”; poi il sentore di odori di corpi appagati, di corpi giovani, del corpo immortale ma in declino di Titone, l’odore dei giardini che Eos sapientemente prepara per i suoi incontri, l’odore dei petali di rosa lasciati sul sesso del corpo vecchio e decadente dell’Immortale. Odori di tempi e di oriente, profumi di epoche che scorrono sugli anni e sui secoli,sulle vite e sulla vita della dea e del suo amato; odori di Europa e delle sue contraddizioni. Odori della nostra stessa vita.
AnnamariaVezio
Eccolo:
Annamaria".
Leggendo Paolo Andreocci ho pensato ad Alexander Dumas padre, per la carica romanziera frammista ad eventi reali assimilati da quelli fantasiosi. Nel libro Eos e Titone vi è la completezza della descrizione di luoghi e periodi storici debitamente documentati da un accurato studio toponomastico nei quali si fondono leggenda, mito e immaginazione che trasportano rigo dopo rigo in dimensioni che circuiscono la mente e l’anima trascinandole in una deliziosa pausa onirica. Le immagini che il libro descrive diventano vere e proprie immagini ipnagogiche ed è un’esperienza bellissima. Credo di essere rimasta in uno stato ipnopompico durante tutta la lettura del libro di Paolo, la percezione di ciò che ho letto è diventata per me una realtà tangibile, mi ha presa e divorata.
Aprendo il libro ci si cala subito in luoghi lontani, studiati fra i banchi di scuola per atterrare sul suolo antico di Troia, ma non si incontrano strenue lotte e guerrieri sanguinanti, bensì l’inizio di una congiuntura mitologica - umana, e fra mito, leggenda e storia si snoderà il racconto più coinvolgente finora conosciuto.
Cosa dire che non dica il libro stesso, è difficile parlarne, nel prologo ho accennato appena ad alcuni personaggi, ognuno completo nelle sue vicende e nel suo corso vitale, raccontare di loro, ora, è sminuirne la posizione nel contesto narrativo, vorrei saper raccontare degli effluvi del giardino che si riveste di colori e profumi per ammantare l’amore divino degli amanti nell’ attimo della fusione dei corpi, o di quei momenti che descrivono l’eros prorompente della dea fatto di luce e colore o i colori della visione del passaggio di Eos che diventano reali e si innalzano dalla pagina: “… il cielo turchino si striò di rosa, poi si levarono fiamme di luce: il suo cocchio dorato era sopra di noi”, ma potrebbe sembrare fuori luogo perché forse meno risaltante a confronto alla miriade di descrizioni avvolgenti e pregni di alta poesia di cui è folto il libro.
Mi sono permessa di accomunare Paolo ad Alexander Dumas padre per alcune analogie di stile narrativo, l’incalzare degli avvenimenti che carpisce l’attenzione e la sprofonda in avventure coinvolgenti che ritrovo nel “Tulipano nero”, ma soprattutto vedo Paolo in Dumas per l’analogia “erotica” … “Violette”
Questo libro è stato per me fame e sazietà, più mi inoltravo nella lettura, più aumentava il bisogno (la fame) di ingurgitare ogni successivo passo e mi saziavo, più mi saziavo e più aumentava la fame. Fino alla fine del romanzo.
Presentazione presso Vibrazioni dell'Anima - Firenze
Buonasera a tutti e grazie per essere qui con noi in questa piacevole occasione. Devo innanzitutto ringraziare lo scrittore Paolo Andreocci per avermi concesso l'onore di poter esporre la mia opinione sulla sua opera che sta avendo un grosso successo in tutta Italia, grazie per la stima che assegnatemi e che ricambio con sincerità. Non conosco Paolo direttamente, come persona, l'ho conosciuto profondamente attraverso il suo libro, ho conosciuto cioè la sua parte fantasiosa, sono entrata nei meandri del suo pensiero scoprendolo a poco a poco fra le righe e lui, mi spiava fra le righe, come un bimbo birichino per carpire le mie emozioni man mano che si delineavano assaporando il suo scritto ed è del suo scritto che voglio parlare perché mi è appartenuto e, gli sono appartenuta.
Paolo mi chiese tempo fa un commento su Eos e Titone ed io risposi con un mio pensiero di getto, che vi leggo:
"Ho letto ed amato la tua opera Eos e Titone, Paolo, è davvero una grande opera. Mi sono persa in terre e tempi magistralmente trasportati nelle pagine. Sono diventata pura come il dolore di Titone e discinta nel peplo della sfrontata dea, di lei mi sono illuminata e in lei mi sono smarrita, ho tifato per Vera e pianto con Eos- mamma-dea, per Mèmnone. Ho sentito gli odori e ingerite le emozioni insieme agli amanti, lì, fra i muri o fra le fioriture dei giardini e dei loro sensi o fra le piume delle Nove Beccacce Nove, e come le beccacce ho seguito leggera Titone e i suoi stessi odori; odori e profumi hanno accompagnato la lettura; odori di uomini e di donne, di gioventù e vecchiaia, di fiori e di istinti, di cielo e di miele, di aurore e di notti… di Tempo che come un’aurora e un crepuscolo sempiterni hanno disegnato i secoli. Sono rimasta sotto la lingua di Storno diventando ora tale uccello ora tal’altro, con Kurt ho vissuto la ricerca e meditato sul Kama, mi sono seduta alla scrivania del prof. Punzen e l’ ho scrutato anticipandone la reazione… Mi sono vista riflessa nell’ antefissa numero due ed ho compreso l’antefissa numero uno, ed ho avuto compassione della insaziabile Eos e tenerezza per l’Immortale. Ho ingurgitato il libro, bevuto, assaporato, avrei voluto continuare a leggere e leggere e leggere e quando sono arrivata all’epilogo l’ ho centellinato, sperando nel miracolo che oltre le pagine già scritte ci fossero ancora pagine da vivere. Poi mesta mi son seduta accanto a Ladislao, di nuovo nel mio tempo e l’ascoltavo, seguivo i suoi momenti e l’ascoltavo, inaspettata poi si è porta a me una illusione: e se Eos, in tutto il suo fulgore, venisse a me e se Titone, venisse a me; se Eos mi assegnasse tutta la sua compassione e… e se quel piccione che ieri è entrato in casa mia, fosse in realtà una beccaccia?…
Paolo, mi inchino al tuo grande intelletto, vorrei poter continuare ad esprimere il mio sentire, ma finirei col trascrivere tutto il tuo libro già così pregno di sentire.
Ora mi è stato proposto questo intervento, è difficile per me che sono più propensa alla meditazione che non all'esternazione dire come si conviene di un romanzo così completo, ci provo con umiltà e vi chiedo scusa se leggerò dai miei appunti, purtroppo sono più brava a scrivere:
Leggendo Eos e Titone, mi sono calata in luoghi lontani, quelli studiati sui banchi di scuola (che a quei tempi certamente non mi prendeva come ora in questo contesto), per poggiarmi sul suolo antico di Troia, ma non ho incontrato strenue lotte e guerrieri sanguinanti, bensì una congiuntura mitologica-umana e, fra mito, leggenda e storia mi sono annodata nel racconto più coinvolgente finora conosciuto. Ho pensato a Paolo Andreocci come ad Alexander Dumas padre, come in lui ho incontrato la stessa carica romanzesca frammista ad eventi reali assimilati da quelli fantasiosi (come nel Tulipano nero ad es.), ma vi è di più in questo libro: la completezza della descrizione dei luoghi e dei periodi storici debitamente documentati da un chiaro ed accurato studio toponomastico nei quali si fondono la leggenda e il mito e l'immaginazione che trasportano rigo dopo rigo in dimensioni che circuiscono la mente e l'anima trascinandole in una deliziosa pausa onirica. Le immagini che il libro dipinge diventano vere e proprie immagini ipnagogiche, credo di essere rimasta in questo stato ipnapomico durante tutta la lettura del libro di Paolo, la percezione di ciò che ho letto è divenuta, per me, una realtà tangibile che mi ha presa e divorata, ed è un'esperienza bellissima. Ho tenuto nella mia borsa e portato ovunque il romanzo di Eos e Titone per tutto il tempo che mi è occorso per leggerlo, ne ingoiavo tre pagine, dieci, trenta, a seconda del tempo a disposizione e i personaggi restavano con me aleggiandomi attorno come le beccacce di Titone. Per giorni la disperazione di Eos è stata la mia ed insieme, come mamme unite dallo stesso dolore, abbiamo pianto Mèmnone e a volte mi sembrava di riconoscere nei rumori che mi circondavano, il suono della sua statua, come nel 27 a.C. quando tutti pensavano che quel suono nel colosso di Tebe, prodotto dalla fenditura a causa del terremoto, fosse davvero il saluto di Mèmnone ad Eos.
A Dumas padre ho pensato per il forte erotismo di cui è avvolta Eos, e se in Violette di Dumas ho incontrato l'iniziazione erotica di una donna e il trionfo della passione e dell'amore in tutte le sue sfaccettature umane, in Eos di Paolo Andreocci mi sono imbattuta nell'eros ancor più potente, più genuino e poetico, dove la passione è un tutt'uno con l'alba della vita, con l'alba di ogni giorno. E' poesia pura, poesia di altissimo erotismo, è la poesia dell'eros "divino" che convoglia nello spirito e nel corpo dell'"umano". Eos mi ha avvinghiata a sé e trasportata nelle sue scorrerie facendomi complice e protagonista, ed io, donna, l' ho capita e l' ho vissuta e devo dire che Paolo ben conosce la sfera femminile se ne ha esposto così profondamente tutti i moti di cui in fondo solo noi donne siamo a conoscenza, lui li ha estrapolati dai nostri angoli bui e li ha spalmati sulla carta con la chiarezza che contraddistingue tutto il libro, ma non solo l'animo femminile conosce come fosse esperienza vissuta direttamente, ma tutto il compendio umano che affolla il romanzo con le sue mutevolezze caratteriali e di circostanze; ogni personaggio è un racconto nel racconto, è dotato di vita propria, vive realmente nelle pagine, ne salta fuori e cammina la propria esistenza accanto a quella del lettore, tanta è l'energia che trasuda nel libro, a questo dato difatto mi riferivo quando dicevo di essere rimasta in uno stato ipnapompico durante tutta la lettura, perché lo scritto di cui vado parlando oltre alla rappresentazione dei luoghi e degli eventi in cui accadono i fatti, abbraccia tutta la sfera delle emozioni e dei sentimenti, dalla mestizia più nebulosa fino all’eros infuocante passando per tutti i colori e le dimensioni dell’iride. Per queste sue peculiarità ho detto a Paolo che leggerlo è stata fame esazietà, giacché più mi inoltravo nella lettura, più aumentava il bisogno (la fame) di ingurgitare ogni successivo passo e mi saziavo, e più mi saziavo, più aumentava la fame, fino alla fine del romanzo. Non saprei cosa dire che non dica il libro stesso, non voglio soffermarmi sui protagonisti che sono tanti quanti ne sono vissuti durante una parte del lungo arco dell'esistenza dell'Immortale ed ognuno impasto di vita propria, perché voglio lasciare a voi la gioia di incontrarli e con loro inoltrarvi in emozioni deliziose, in tutta la sfera delle emozioni, anche quelle osé, intime, ma comunque nostre. Non vi potrete mai annoiare nella lettura di Eos e Titone perché vi rappresentano, ogni uomo, ogni donna raccontati, oltre che i protagonisti principali - la dea e l'immortale - sono una parte di voi. Chiedo venia per questa che potrà sembrarvi una mia presunzione, ma vi assicuro che è questo che avviene leggendo il libro di Paolo Andreocci, ogni esperienza che vivrete insieme a uomini e donne partoriti dalla bellissima e fervida mente dello scrittore, che sia in un sito dell’Asia o dell'Europa in tempi remoti o più vicini, o in un giardino fantastico odoroso di fiori e di passione o su una riva che profuma di sale e di miele, su una barca, o per una strada lucida di pioggia o avvolti nella luce e nella vibrante ed erotica bellezza di un’alba, vi troverete voi stessi ad esserne il personaggio. E’ così ampia la gamma delle sensazioni che cattura obbligatoriamente chi si addentri nella lettura. Questo libro unisce il cielo e la terra, l’umano e il divino, lo spirito e il corpo, la vita e la morte e ne fa un viaggio attraverso il mistero dell’esistenza umana accarezzando le più profonde riflessioni sul ciclo della vita toccando importanti meditazioni spirituali, ma senza cadere in pesanti riflessioni piuttosto coprendole di piacevoli vesti, direi che Paolo centellina la Conoscenza e l’ asperge sui protagonisti i quali diventano portatori di insegnamento di vita. È il misticismo fuso nella quotidianità, nella realtà, anche e soprattutto l’erotismo che colora ogni pagina, oltre che essere chiaro e coinvolgente è comunque penetrato da una religiosità che porta al vivere le passioni come fossero i gradini del Karma; e questo viene dolcemente imposto: vivere le passioni con il corpo strettamente legato all’ anima. Qui ho vissuto la poesia erotica, ogni passo del libro ne è pervaso. Posso dire che tale lettura non è consigliata a moralisti bacchettoni, non perché sia offensiva o amorale, ma perché scopre e mette a nudo l’intimità, non solo del corpo e dell’istinto ma anche del pensiero e dell’anima, arriva all’ essenza, alla nostra più pura e alta essenza. È difficile da spiegare, solo leggendo la storia di Eos e Titone può farci camminare nel terreno nostro e a noi stessi sconosciuto. Ve lo spiegheranno meglio Niso e Filippone, i primi personaggi alla ricerca di Titone, il principe Karan uno dei tanti che si presero cura di lui e la piccola Lin che coccolò il Titone immortale ma già vecchio nel corpo, e poi la donna cannone che ne fece il suo bimbo mai avuto, e via via lo Storno, Vera, Kurt Salle, Punzen, Gio, Jurgen, Iris, sono tante le persone legate alle vicende di Titone, ed Eos, la sempiterna, la sfacciata e innamorata dell’Immortale, anch’ essa fra le intemperie del tempo interiore combattuta nella sua natura erotica e divina, Paolo fa dire di lei a Titone: “Lei è colma di sentimento, ma non può fare ciò che vuole, è costretta dalla sua natura, è prigioniera”, tale riflessione è nel contesto di un romanzo appassionante e lì per lì lo vediamo riferito ad Eos, ma a ripensarci ci porta a domandare a noi stessi se non lo siamo anche noi, prigionieri... e tante tante occasioni nel naturale svolgimento del libro ci porteranno a volgere lo sguardo al nostro io, ma questo sempre a posteriori, perché c’è un susseguirsi di eventi intriganti che ci porteranno aldilà del nostro momento presente. Ci troviamo quindi catturati e intimamente coinvolti dalla storia, anzi dalle storie narrate nel romanzo e insieme protagonisti affamati di sapere cosa troviamo oltre l’ultima pagina letta, cosa girerà nella giostra di questo arco di tempo in cui nell’ Immortale vige la decadenza del corpo a cui non può porre fermo, pur continuando ad amare ed essere amato e protetto e tradito dalla sua divina amante? Cosa si nasconde dietro ai suoi friiin friiin acuti e oltre i suoi occhi “fermi vivi” che sembrano scrutare la platea del circo di Gaston Grandet detto lo Storno?
Cosa dire che non dica ogni protagonista, è difficile parlarne, ho accennato appena ad alcuni personaggi, ognuno completo nelle sue vicende e nel suo corso vitale, raccontare di loro, ora, è sminuirne la posizione nel contesto narrativo, vorrei saper raccontare degli effluvi del giardino che si riveste di colori e profumi per ammantare l’amore divino degli amanti di Eos nell’ attimo della fusione dei corpi, o di quei momenti che descrivono l’eros prorompente della dea fatto di luce e colore o i colori della visione del passaggio di Eos che diventano reali e si innalzano dalla pagina, cito: “…il cielo turchino si striò di rosa, poi si levarono fiamme di luce…”, ma potrebbe sembrare fuori luogo perché forse meno risaltante a confronto alla miriade di descrizioni avvolgenti e pregni di alta poesia di cui è folto il libro. Ho un’ immagine costante che accarezza tutte le pagine ed è una successione di colori alborei soffusa di odori, “l’afrore degli amplessi divini”; poi il sentore di odori di corpi appagati, di corpi giovani, del corpo immortale ma in declino di Titone, l’odore dei giardini che Eos sapientemente prepara per i suoi incontri, l’odore dei petali di rosa lasciati sul sesso del corpo vecchio e decadente dell’Immortale. Odori di tempi e di oriente, profumi di epoche che scorrono sugli anni e sui secoli,sulle vite e sulla vita della dea e del suo amato; odori di Europa e delle sue contraddizioni. Odori della nostra stessa vita.
AnnamariaVezio
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